A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016 (Legge Cirinnà) anche in Italia, per la prima volta, si è provveduto a regolamentare le unioni tra persone dello stesso sesso e così, anche il loro scioglimento.
È nella città di Savona il privo divorzio omosessuale.
Il caso ha visto coinvolti due coniugi, uno straniero e l’altro residente in un paese del ponente savonese, si sono presentati nelle scorse settimane davanti ai giudici del tribunale per mettere la parola fine al matrimonio ed avviare tutte le pratiche previste dalla Cirinnà in tema di regime patrimoniale all’interno della coppia.
Ma come viene lo scioglimento di un unione civile?
Trattasi sicuramente di una via più facile da percorrere rispetto ad una separazione eterosessuale.
Occorre, infatti, che i due uniti civilmente si rechino di fronte l’ufficiale di stato civile e dichiarino di voler sciogliere l’unione.
Fatto questo e trascorsi tre mesi, sarà possibile procedere con il divorzio.
In questo caso, le strade percorribili saranno essenzialmente tre; si potrà ricorrere in Tribunale, all’ufficiale di stato civile o alla negoziazione assistita tra avvocati.
Come per il divorzio successivo alla separazione eterosessuale, l’unito civilmente più debole economicamente potrà richiedere il diritto agli alimenti e l’assegnazione della casa in cui la coppia aveva la residenza principale.
Ulteriori casi di scioglimento dell’unione civile sono: la morte di uno dei due partner e la rettificazione di sesso accertata con sentenza (l’unione civile può costituirsi infatti, solo tra persone del medesimo sesso e a nulla vale la volontà dei due partners di rimanere uniti; lo scioglimento è automatico.)
La mancata consumazione del rapporto non determina lo scioglimento dell’unione civile in maniera semplificata, diversamente da quanto accade nel matrimonio.
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